Il Fediverso, opportunità per l’apertura al monopolio dei Social Network?

Thu, Jan 21, 2021 3-minute read

Dall’inglese Fediverse, formata da federated e univers (WikiPedia) non è una alternativa alle teorie della meccanica quantistica ma una realtà tecnologica.

Le “reti” federate (non nel senso degli instradamenti del layer del modello OSI) sono uno dei più interessanti sviluppi recenti nei social alternativi.

Basati su protocolli di comunicazione Liberi (Free/Libre Open Source Software, FLOSS) come ad esempio ActivityPub, Diaspora e OStatus, sono una realtà che potrebbe fornire una possibile alternativa all’attuale concentrazione in pochi consigli di amministrazione delle maggiori piattaforme di social network (Twitter, Facebook).

Oggi il Fediverso è composto da oltre 4 milioni di account distribuiti su oltre 6.000 server, definite “istanze”, che utilizzano progetti software come Friendica, Funkwhale, Hubzilla, Mastodon, WriteAs. Plume, PeerTube e PixelFed, per citarne alcuni.

  • PixelFed è simile a Instagram;
  • PeerTube è simile a Youtube;
  • Friendica è simile a Facebook;
  • FunkWhale è simile a Soundcloud;
  • Write.as e Plume sono piattaforme di blogging;
  • Hubzilla è una potente piattaforma multi-funzionale.

L’accentramento delle piattaforme social produce effetti di accentramento di potere, quindi regole unilaterali e quindi dipendenza della comunicazione da soggetti privati che al momento non sono regolamentati.

Non da meno è l’aspetto della gestione dei dati personali a scopi commerciali, leciti poiché sottoscritti dall’utente in fase di accreditamento ma potenzialmente soggetti a trattamenti meno leciti o quantomeno poco limpidi, leggasi scandalo Cambridge Analytica.

La recente esclusione dell’ex presidente U.S. Donald Trump dalle piattaforme social, che considero giusta e tardiva (c’è una chiara distinzione tra esprimere un’opinione ed invece fare propaganda razzista o apologia sovversiva), apre comunque ad una riflessione.

Ricordando anche come questi canali abbiano influenzato la scelta in certi momenti, caso Brexit o elezioni in vari Paesi, possiamo affidare a poche aziende private un importante settore come quello della comunicazione online tramite social network?

Forse l’opportunità offerta dalle tecnologie FLOSS potrebbe essere presa in considerazione da enti pubblici e/o associazioni senza scopo di lucro per aprire ad una seria alternativa, casi concreti esistono già.

La filosofia stessa dietro a queste tecnologie fornisce il primo spunto, non accentrano per definizione, mutuando dalla filosofia dei movimenti FSF (Free Software Foundation) e Open Source non solo le tipologie di licenze ma bensì anche il modello decentrato di sviluppo e gestione.

Un modello aperto che già ora permette di intraprendere nuove strade per realizzare collegamenti tra media indipendenti e le strutture di proprietà.

Altro aspetto importante potrebbe essere legato al rischio di trovarsi in una situazione di “vendor lock-in”. L’adozione di tecnologie FLOSS e sistemi federati permetterebbe una forte mitigazione di questo rischio. Un’architettura “Fediverse” può garantire diversi livelli di decentramento e interoperabilità in termini di architetture di rete e circolazione dei dati, nonche un’ampia gamma di soggetti con le competenze per la manutenzione e gestione.

Ulteriore garanzia offerta da queste tecnologie è la portabilità dei dati. Il tema della portabilità del dato (personale o meno) è affrontato by design, è possibile migrare con pochi click i dati da un nodo ad un altro nodo del network. Spostarsi da un nodo ad un altro può essere motivato semplicemente in relazione alle politiche adottate dall’istanza federata, più o meno lasche, più o meno aderenti al proprio sentire.

La lettura del proprio feed o timeline nei social, come ad esempio basati su Mastodon, non sono soggetti ad algoritmi di selezione dei contenuti ma i contenuti degli utenti seguiti appaiono in semplice ordine cronologico.

L’aspetto della moderazione dei contenuti e quindi l’aderenza alle policy del network, non sono valutate da “oscure” figure dipendenti da un’impresa privata ma piuttosto da un sottogruppo della comunità che valuta e condivide le decisioni.

Insomma, “abbiamo la tecnologia” come diceva Lee Majors nella parte di Steve Austin in “The Six Million Dollar Man”, ci interessa sfruttarla per una miglior igiene della comunicazione online?

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